Omaggio a Max Aub
L' Archivio del Caffè, nel cinquantenario della nascita del "Caffè", ha
pensato di raddoppiare, festeggiando il centenario della nascita di Max
Aub, di cui Vicari pubblicò i Delitti Esemplari nel 1969.
L'omaggio a Max Aub è sulla rivista Techne http://www.paoloalbani.it
Max Aub passò una sola volta al “Caffè” e gli regalò i Delitti
Esemplari, che Vicari pubblicò nella traduzione di Dario Puccini, sul
n. 2-3 del 1969. Forse Vicari gli aveva chiesto: -Aub di che umore sei,
oggi? -Humour nero, direi. -Benissimo, i Delitti li pubblico, io. I
Delitti usciti sul “Caffè”, non corrispondono perfettamente a quelli
dell’edizione fatta più tardi da Sellerio, ma della cosa non conosciamo
il ‘colpevole’.
Non è sempre bello, giusto e utile catalogare e definire, ma forse
Breton avrebbe aggiornato la sua antologia dello humour nero includendo
i Delitti esemplari di Aub.
E “il Caffè” che li stampò fu un vivaio di morti violente, secondo la
teoria di De Quincey dell’assassinio come una delle belle arti, dove è
richiesto che il soggetto scelto goda buona salute, ” essendo
assolutamente barbaro l’assassinio di un uomo malato”, meglio ancora,
invece, se ha numerosi figlioli, che dipendono totalmente da lui…
Molti testi pubblicati sul “Caffè” furono un’estetica del perfetto
funzionamento degli ingranaggi del patibolo, che in fondo è assegnato a
ciascuno di noi e di fronte al quale sappiamo di non potere chiedere la
grazia.
E al confine di quel nulla sta anche il Riso che
non concede la grazia della giustificazione, che non si confonde nella
compassionevole caricatura. Così, non ammettono giustificazioni i
Plotoni d’esecuzione del messicano Julio Torri - “il Caffè”, 1,1961- e
la “potatura ” che Calvino esemplificò sul n. 4 del ’69, nella
“Decapitazione dei Capi”, prevedendo l’uccisione rituale della classe
dirigente.
“ La gretta mentalità di coloro che comandano la scorta priva le
fucilazioni di un buon numero dei loro più ferventi tifosi”, scriveva
Torri. Non è ammissibile che la sentenza non sia eseguita in modo
perfetto: non si tollerano “divise in disordine, barba lunga, scarponi
impolverati”.
“Il guaio è che lì accanto c’era un bisturi. Alla seconda strizzata lo
infilzai. Dal basso in alto: secondo le regole”, confessa uno degli
assassini ‘registrati’ da Aub.
Il rispetto delle regole è assolutamente richiesto per un’esecuzione
perfetta. E per Vicari, negli anni del conformismo, in cui spesso anche
la satira era stipendiata, la regola doveva essere “distruggere di
continuo” le forme e le sostanze della convenzione. Il delitto perfetto
e gratuito faceva sì che lo humour uccidesse il senso univoco,
rispettando il divieto di “chiedere grazia al futuro … Niente è mai
valido una seconda volta: le piccole verità sono le idee usate, da
buttare di continuo, bisogna oltrepassare i limiti del riso per
giungere al turbine di una crudeltà sistematica”