Rodari al “Caffè”

 

Rodari al “Caffè”: un estro non astratto



     Quando nel 1961, Rodari entra al ”Caffè” il terreno è già ben coltivato: col programma di rinnovare gli strumenti espressivi - suoi  numi tutelari sono Jarry, Palazzeschi e Delfini – il suo fondatore e direttore Giambattista Vicari  ha pubblicato una moltitudine di testi eccentrici, satirici e  grotteschi, rendendo la  rivista non  solo ‘laboratorio’ ma corposissimo repertorio di quel mondo vasto e  indefinibile chiamato ‘humour’,  nel quale s’incontrano e combinano il gioco, il comico, l’assurdo -tra cui i nonsense di Edward Lear, Leacock e Carrol -. 

   Sul primo  numero del 1961, appare l’ormai nota Il Dittatore, estratta dalle Filastrocche in cielo e in terra, arrivate sulla scrivania di Vicari che, nella casa-redazione romana di via della Croce, sta rinnovando la sua creatura con nuove collaborazioni e una nuova veste tipografica -la più bella, di Max Huber- e ha in programma di “scansare il conformismo, la tematica corrente, il modulo e la retorica dei contenuti di stagione” coi testi di Zanzotto, Wilcock, Fratini, Calvino, Tardieu, Bianciardi, Koenig, Mrozek, e prestando attenzione alle scritture sperimentali, in particolare quelle dell’Oulipo -il francese Ouvroire de Littérature Potentielle di cui pubblicherà, primo in Italia, molti testi-. 

    Il libro di Rodari riceve una menzione d’onore dal “Caffè”, che lo ritiene la “più seria tra le imprese letterarie compiute a mezzo di stampa nel decorso bimestre” e lui, entusiasta per il riconoscimento - soffre la poca considerazione da parte del mondo letterario - scrive una rivelatoria lettera di ringraziamenti alla redazione, in cui dichiara di essere considerato per errore uno scrittore per l’infanzia e aggiunge che la sua vera specialità è lo stile lapidario. 

  Così, giungono sulla scrivania di Vicari anche  le prime Lapidi, pubblicate in tre tempi, tra il ’61 e il ’62 , sotto il titolo Poesia lepidaria, che fanno sì  che Rodari entri tra gli scrittori -per adulti- degni di uno sguardo critico -due Lapidi saranno pubblicate, nel ’64, da Cesare Vivaldi nell’antologia Poesia satirica nell’Italia d’oggi -. Vicari ne è entusiasta, e lo sarà altrettanto, poco dopo, del Libro degli errori, definendo Rodari, in una recensione per la RAI, “il più libero e originale dei poeti italiani“ e segnalando il libro come “un manuale di antiretorica, sul quale non soltanto i bambini, ma anche i poeti potrebbero opportunamente fare i loro esercizi di stile“. 

  Arriva poi, sul n. 5 1965, la magnifica prosa satirica - e utopica-  In margine a un progetto per allagare Roma nel quale, l’uomo di lago Rodari,  sogna di inondare la capitale sepolta dalla burocrazia e dalla motorizzazione, “con dieci pompe a transistor, applicate con un nastro adesivo sotto i ponti del Tevere” e di trasformarla “in un vero e proprio arcipelago pedonale, con servizio di vaporetti da un’isola all’altra”. 

  Vicari lo sollecita a inviare altri testi per la rivista, che continua ad arricchirsi di nuove collaborazioni e a impoverirsi altrettanto nella perenne battaglia per mantenersi indipendente : “sogno presto di pubblicare presto altre cose sue, versi o prose, epigrammi o telegrammi“, gli scrive nel novembre del 1966. E nel giro di poco riceve una silloge di venti pezzi,  il cui titolo, voluto da Rodari, è Materia prima, che aprirà il n. 2 del 1968 -sulla bella copertina nera spiccano in rosso i caratteri di Rodari e de “il Caffè”-. 

   È’ il nucleo della fantasia creativa di Rodari: “ materia prima” in senso psicologico, non letterario”, puntualizza lui nella lettera che accompagna i testi, “ prodotti non finiti, alcuni a malapena semi-lavorati”.  Che  siano  poesie -o antipoesie- più o meno surrealiste, si tratta di  testi ‘favolosi’ e bellissimi, la cui libertà e ricchezza espressiva sono per Vicari un’iniezione di coraggio per continuare l’impresa. Crede infatti che Rodari sia in possesso di quello che manca a molti: “ un estro che non sia astratto, ma si valga delle cose per comporle e scomporle, per profanarle e adorarle, ma senza reticenze”.   

  Altrettanto estroso e senza reticenze era stato l’amico Antonio Delfini, con la sua Accademia degli Informi -di cui “il Caffè” pubblica gli atti dal 7-8 1959, poi rifondata nel 1967 -. Il legame con Delfini affascina Rodari: lo ama molto e rimpiange di averlo scoperto tardi, ma - scrive a Vicari - “se l’avessi scoperto in gioventù l’avrei nominato mio maestro”. E’ una dichiarazione di appartenenza e la conferma delle profonde affinità con la rivista. I “Numi Profetici” dell’Accademia sono Buzzati, Calvino, Palazzeschi, Ungaretti. Il 15 maggio 1967, Rodari  è nominato tra i “Propellenti & Propedeuti Ambìti” in compagnia di Volponi, Malerba, Vòllaro, Fratini, Pagliarani, Gatto; all’estero, tra i “Plenipotenziari Possenti e Barbari”, ci sono Tardieu, Frénaud, Adamov, Michaux, Max Aub, Gombrowicz. Tutti quanti amorevolmente sollecitati dal “Cancelliere Ubiquo” Giambattista Vicari. Sempre defilato rispetto ai gruppi letterari, Rodari entra volentieri in quella comunità surreale e irriverente: l’Accademia “non ha sede, non ha statuti, non ha corpo accademico. E ’libera, gratuita, indefinita”, col fine “abbastanza settario, di restituire al caos il peccato originario della poesia”, in disprezzo a “ venalità, futilità, utilitarismo, opportunismo e altre virtù prettamente letterarie” che hanno “rammollito il genio dell’ispirazione “ -e ammonisce: “il modo migliore di vendicarsi di un premio è contraccambiarlo alla prima occasione”-. 

     Nel marzo ’78 “ Il Caffè” perde il suo paziente e ostinato animatore. I suoi amici ed eredi si associano, riuscendo a far uscire la rivista per qualche numero ancora. Sul primo numero del 1980, tra i testi di Frassineti, Scialoja, Manganelli, Almansi ci sono sette Poesie di Rodari -Mattino, Dopo il terremoto, viaggio n.13, Dama di cuori, Il nonno, Il Buio, Messaggio-, a  conferma di quanto il territorio libero e dissacrante  del “Caffè” sia una garanzia per suoi indispensabili ‘sconfinamenti’ nella letteratura ‘per tutti’.



Pubblicato in: Rodari AZ - a cura di Pino Boero e Vanessa Roghi-, Electa, 2021